martedì 5 agosto 2008

UN PEZZO DI FRANCIA IN MOTO

Sono ormai le 17 di questo particolarissimo lunedì.
Non posso nasconderlo, è evidente, fremo.
La tuta intera è pesantissima e scomoda da indossare con tutte quelle protezioni. Vinco la mia battaglia con quella seconda pelle e passo alle estremità: stivali e guanti...Alla fine sono pronto. Allaccio il casco e giro la chiave nel blocchetto di accensione. Swraaammm, swrammm!!! Due rotazioni del polso destro sulla manopola del gas, uno scatto col piede sinistro e il rumore meccanico del cambio mi avverte che la belva è pronta a galoppare sull’asfalto.
Si parte!
Vento sul collo, sul petto, ovunque. Mi ritrovo come da accordi col mio compagno di viaggio della prima sera; ci aspettano quasi quattrocento chilometri per raggiungere gli altri in Francia a Briancon. Lo incontro davanti al bancomat. Un’amichevole pacca palmo a palmo sancisce il via di questo moto-tour-duezerozerootto. Saltiamo in sella e salutiamo il circondario come da manuale del perfetto smanettone.
Appena usciti dal centro abitato iniziamo la danza che ci accompagnerà per centinaia e centinaia di chilometri, per ore ed ore di interminabile godimento; una piega dietro l’altra col motore che gira dai 7000 in su e lo scarico che urla di piacere come una vergine sotto i colpi del buon Rocco. Il cielo sereno e la temperatura perfetta sono la ciliegina sopra questo capolavoro di alta pasticceria.
Purtroppo a causa di contrattempi incalcolabili ed imprevedibili ci troviamo costretti a fare anche un gran pezzo di autostrada al fine di accelerare i tempi. E così sui rettilinei piemontesi da casello a casello, diciamo che “ci diamo un po’ dentro” onde evitare di romperci troppo i cosiddetti. Nonostante i nostri sforzi la meta, al calar delle tenebre, è ancora distante e quindi decidiamo di fermarci a cenare nei pressi di Alpignano.
Al buio solitamente non è proprio il massimo guidare una moto; questa volta però è stato diverso. Il tepore serale nonostante la quota del Monginevro, le strade deserte e la luna creavano un contesto idilliaco e mi sentivo scivolare come nello spazio a bordo di un’astronave; dentro quel casco sentivo il fruscio del vento e una miriade di suoni ovattati quasi stessi assistendo ad uno spettacolo proiettato sulla visiera e diffuso tutt’intorno da un impianto hi-fi di qualità assoluta. Il tachimetro digitale retro illuminato ogni tanto mi ricordava che quei tre numerini in sequenza 1-6-4 significavano che non ero sulla comoda poltrona di un cinema ma nel mondo reale e con la vita tra le gambe (e qui si sprecano le allusioni...).
Passato il confine la discesa sul versante francese è un nastro d’asfalto tra i larici nel più assoluto buio impallidito solo dalla luna ancora a tratti presente lassù. Un delirio come direbbe qualcuno... Arriviamo a destinazione a mezzanotte passata e troviamo gli altri di rientro da un bar e provati dai 500 km di curve del giorno. Ci salutiamo e prendiamo posto nell’alberghetto carino che avevamo prenotato online e finalmente i sogni prendono il posto di tutto ciò che chiamiamo “realtà”. Al mattino sveglia ore 07:00 per poi ritrovarci in sala da pranzo per la colazione alle 07:30. Brioches fresche, qualche marmellata artigianale (immancabile quella con scorzette d’arancia che amo), latte e caffè; un succo d’arancia.
Mezz’ora dopo siamo a fare il pieno alle nostre dame a due ruote. L’aria è frescolina al mattino ma la cosa, quando hai una tuta in pelle addosso, è solo apprezzabile.
Partiamo con calma dal centro città ma in 5 minuti siamo già all’attacco dei primi tornanti....e le manopole girano!! Alla prima staccata dopo un lungo mi passa un compagno a palla ( io ero a 137 km/h...) che non si era accorto della vicinanza della curva: una fissellata di gomme, fumo accompagnato da puzza di bruciato e la moto che gli sbacchetta a destra e a sinistra! Sparita la nuvola bianca dall’asfalto ho piacere di vedere che il paracarro c’è ancora e il mio amico pure!!! Un contadino col rastrello in mano si era fermato con gli occhi sgranati incredulo di quanto gli fosse accaduto sotto i piedi (si trovava infatti a bordo strada su un rialzo erboso). Tuuuutto ok! Senza nemmeno un tentennamento riprende la bagarre e così per 500 chilometri.
Affascinanti le gole del Verdon dove una tappa è stata d’obbligo; una serie interminabile di insenature simili ad un gran canyon in miniatura e di roccia grigia anziché rossa. In fondo natanti alle prese col rafting e con tutte le altre diavolerie sportive estreme tipiche dei francesi: un mondo a parte.
Un viaggio senza confini, nel vento e con quell’aroma di libertà pura che un’auto non saprebbe MAI darti. La sensazione era quella di cavalcare all’ennesima potenza in una prateria infinita con le mani attaccate alle ali di un angelo.
Il racconto potrebbe proseguire per pagine e pagine poiché la sera e il rientro sono zeppe di novelle come rami che si estendono ovunque dallo stesso tronco: chi rientrava in città in piedi sulla moto con le chiappe al vento, chi in piedi sulla sella, chi seduto come su una poltrona con le gambe incrociate...che dire? I rettilinei sono noiosi!!
Il terzo giorno purtroppo ci aspetta la tappa del rientro in patria. Altri 500 km di curve che però abbiamo affrontato in 4 poiché 3 di noi, distrutti, hanno deciso di fare la direttissima per casa prendendo l’autostrada (arrrghhh!!!). E allora avanti, sempre più rapidi nei cambi traiettoria e nelle scalate ai passi...Monginevro, Moncenisio, Col de Iseran, Piccolo san Bernardo, Gran san Bernardo...Duemilametri di dislivello in 30 minuti e poi giù di nuovo tra la gente..
Chiudiamo l’avventura (e il gas) alle 18:30 del 30 luglio 2008 con qualcosa nel cuore che non se ne andrà MAI piu’.
Grazie compagna a due cilindri, ho imparato a conoscerti e sei stata gentile.

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